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VOGHERA 10/12/2020: Coronavirus. Aumentati gli attacchi di panico. La pandemia vista con gli occhi dello psichiatra. Per ridurre i rischi occorre ridurre l’esposizione al martellamento dell’informazione

Dicembre 10
16:14 2020

VOGHERA – L’interminabile pandemia di coronavirus che si sta abbattendo su di noi oramai da 11 mesi (senza previsioni certe della sua conclusione) – oltre ai danni diretti legati al contagio delle persone; alle ripercussioni sulla sanità; e non da ultimo alle ricadute economiche – ha generato (sta generando!), conseguenze psicologiche e comportamentali in una popolazione abituata a ben altro ma che, improvvisamente, s’è trovata ad affrontare una realtà nuova e pesante (obbligo delle mascherine, distanziamento, lockdown ecc), dimostrando reazioni anche severe.

Reazioni che possono essere analizzate anche sotto l’aspetto psico patologico e psichiatrico. Per tale motivo, senza voler per forza trasformare tutto in “patologia”: più semplicemente per dare una chiave di lettura più completa del fenomeno in corso, abbiamo chiesto il parere di un esperto in materia, chiedendogli: come stanno le cose, ci sono davvero queste conseguenze sulla psiche della gente?

A rispondere è Valter Furlano, 60 anni, psichiatra della “scuola” di Pisa, allievo del professor Cassano, residente a Voghera dal lontano 1988: dove opera con incarichi in diverse comunità psichiatriche oltrepadane e dove è anche libero professionista e fa opera di divulgazione scientifica.

Effettivamente – spiega – quanto sta accadendo ha provocato nella popolazione conseguenze che possono arrivare fino allo scatenamento di veri e propri attacchi di panico. Patologia che è aumentata in questi ultimi tempi.”

Attacchi di panico. Che cosa sono?

Sono una delle cattive compagnie della depressione, rappresentando uno dei disturbi che si associano più frequentemente a questo stato, anche se talvolta la depressione può iniziare proprio con un attacco di panico.”

Come si presenta un attacco di panico?

Come una violenta crisi di paura e di terrore, che può comparire all’improvviso, anche a ciel sereno, in determinate situazioni, e nella quale si verificano tantissimi sintomi. Sintomi cosiddetti ‘centrali’, nei quali ho la sensazione di soffocare, oppure ho la paura di morire, d’impazzire o di perdere il controllo della situazione: in questi attacchi c’è una fame d’aria e la gola sembra chiudersi. Oltre a quelli ‘centrali’ ci sono poi molti sintomi ‘vegetativi’. Le persone vengono e raccontano di un’oppressione toracica, palpitazioni… ma c’è gente che arriva e trema e per la quale bisogna far partire subito una terapia. Altri sintomi ‘neurovegetativi” sono la nausea, a volte le vertigini, la sudorazione e le vampate. Spesso l’attacco è molto breve – prosegue lo psichiatra – ma quando capita, come diceva Einstein, il tempo è relativo, in questi casi infatti c’è una dilatazione del tempo e quando capita tutto sembra un’eternità. Anche quando l’attacco dura soltanto 10-15 secondi sembrano lunghissimi”.

Sono aumentati questi disturbi?

La mia sensazione è che da molti anni tali problematiche siano in generale aumentate, forse perché viviamo in una società fortemente competitiva, in cui bisogna essere sempre pronti e avere successo. Questo può scatenare l’alterazioni dei sistemi che controllano il sistema nervoso centrale, con disfunzione dei meccanismi neurofisiologici che controllano i sistemi d’allarme.”

Questi attacchi possono colpire tutti o soltanto alcuni o tutti in determinate condizioni?

Già negli anni 80 e 90 si diceva che colpiva oltre il 3-4% della popolazione. Il panico viene al secondo posto dopo la depressione colpisce soprattutto soggetti vulnerabili ma è un male molto democratico, perché può interessare tutti i ceti sociali.”
Lei ha notato qualche peggioramento in questo stato di cose durante la pandemia?

Io ho notato che questa emergenza sta avendo ripercussioni di tipo psicopatologico. Chi ha problemi di ansia generalizzata o di disturbo ossessivo-compulsivo, o di fobie, chiaramente può avere delle ripercussioni o delle riacutizzazioni. Inoltre, mentre prima queste evidenze si osservavano solo in soggetti affetti da gravi forme di disturbo ossessivo-compulsivo, adesso questi comportamenti cominciano essere più diffusi a causa dell’ossessione del coronavirus, con un contagio di tipo emotivo.”

Alla base di tutto sembra esserci la ‘paura’?

Ci sono tanti tipi di paure negli attacchi di panico, come ad esempio: la paura della paura; la paura di avere un infarto; la paura di morire per arresto cardiaco, o per soffocamento; oppure la paura di svenire. Questa condizione porta a sintomi cardiologici, neurologici, addirittura a sintomi otorinolaringoiatrici… sintomi che a volte la persona stessa non capisce a che cosa sono dovuti e che la portano dentro ed un iter abbastanza lungo fra diversi specialisti: dal cardiologo dal neurologo, all’otorino. Oppure che la portano al pronto soccorso.”

La ‘paura’ e i pronto soccorso assaltati… come nell’attuale pandemia!

Di epidemie nella storia ce ne sono state tanta, ma la nostra generazione non aveva mai vissuto una cosa del genere. Questo ha scatenato nei singoli individui delle reazioni impreviste, così come a livello di società nel suo complesso ha provocato reazioni da branco. A proposito di paura, poi, mentre nella la prima fase dell’epidemia c’erano persone che sentivano il campanello suonare e subito pensavano ad una disgrazia; oppure pensavano che aprendo la finestra di casa venivano contagiate e quindi correvano al pronto soccorso (questa pandemia oltre ad aver portato un contagio virale fisico ha portato anche a quello che si definisce un ‘contagio emotivo’). Nella ‘seconda ondata’ sembrano esserci più reazioni di disorientamento, dovute all’incertezza e alle continue notizie contrastanti, il cui perdurare può portare a situazioni di stress post traumatico: stare sempre attaccati alla televisione, essere sottoposti al continuo martellamento delle notizie determina come un sorta di privazione del futuro. Senza contare la sensazione di incertezza dovuta a notizie contrastanti, o al semplice fatto che la fame di notizie delle persone è stata più veloce del formarsi di una opinione scientifica solida basata su dati scientifici, epidemiologo e clinici… per non parlare delle notizie false che sono circolate… anche questo rischia di far scattare il panico.”

Insieme ai rischi di esasperazione e di eccessiva somatizzazione di quando sta accadendo, in questo particolare momento si sono viste forme di reazione opposte, sia singole ma anche e soprattutto di massa, indirizzate verso la minimizzazione di quel che sta accadendo, fino, a volte, alla negazione.

Un’altra reazione estrema – passando da una patologie come gli attacchi di panico, dei singoli, a forme di panico di massa – può essere proprio questa. Si tratta in questo caso di una reazione quasi protettiva: come se ci fosse una negazione del problema, in cui io mi difendo e trovo protezione nel gruppo che nega che ci sia la malattia. Questa è un’altra ‘psico trappola’ dalla quale non bisogna farsi accalappiare.”

A parte i casi patologici molto gravi, alle persone che hanno l’ansia e che stanno vivendo con eccessivo timore questi momenti, cosa possiamo possiamo suggerire per evitare che s’arrivi a conseguenze maggiori, come ad esempio gli attacchi di panico?

In particolare per questa seconda fase della pandemia, bisogna evitare l’eccesso di influenza dei media e della rete; evitare i continui martellamenti dell’informazione. Molte persone si affidano completamente alle notizie: vogliono sapere continuamente quanti contagiati ci sono stati, se i dati sono migliorati o peggiorati, se ci sono le chiusure oppure no. Tutto questo può portaci dentro a delle trappole. Per questo, quando c’è questa forte polarizzazione sul tema del contagio, io consiglio di adottare tecniche comportamentali tese ad evitare queste psico trappole. Consiglio di evitare eccessive reazioni filtrando l’esposizione ai media al continuo martellamento delle informazioni. Nei casi più gravi è opportuno anche sospendere questa esposizione… generalmente in questo modo si ottengono dei buoni risultati.”

Matteo Negri

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