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VOGHERA PAVIA 27/05/2020: Da poche ore a 7 giorni. Ecco quanto dura il Virus sulle diverse superfici… e come sanificarle

Maggio 27
19:23 2020

VOGHERA PAVIA – Carta (30 minuti). Tessuto (1 giorno). Legno (1 giorno). Plastica (4 giorni). Questi sono i tempi di permanenza del virus SarsCOV2 sulle diverse superfici calcolati dell’Istituto Superiore di Sanità.

Notizie utili in un momento in cui la ripartenza dopo i il lockdown causato da l Coronavirus dipende molto dai nostri comportamenti e (anche) dalle sanificazioni degli ambienti e di tutto ciò che tocchiamo.

Nel suo rapporto COVID-19 n. 25/2020, l’ISS fornisce delle indicazioni per la sanificazione di superfici e ambienti interni non sanitari per la prevenzione della diffusione dell’infezione COVID-19.

“Tali indicazioni – spiega l’Istituto – si basano sulle evidenze, a oggi disponibili, per quanto concerne la trasmissione dell’infezione da SARS-CoV-2, della sopravvivenza del virus su diverse superfici e dell’efficacia dei prodotti utilizzati per la pulizia e la disinfezione/sanitizzazione dei locali.”

IL DROPLETS: DIFFUSIONE PER VIA AEREA

La trasmissione del SARS-CoV-2 e la sopravvivenza sulle superfici, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), spiega ancora l’ISS “avviene attraverso droplets, goccioline di diametro ≥ 5 μm che originano dagli atti del respirare, parlare, tossire e starnutire. Per le loro dimensioni i droplets viaggiano nell’aria per brevi distanze, generalmente inferiori a un metro, e possono direttamente raggiungere soggetti suscettibili nelle immediate vicinanze, come anche depositarsi su oggetti o superfici che diventano quindi fonte di diffusione del virus.”

LA DIFFUSIONE ATTRAVERSO IL CONTATTO

Infatti, in questo caso, “mani che sono venute in contatto con gli oggetti così contaminati possono costituire veicolo di trasmissione per contatto indiretto quando toccano bocca, naso e occhi.” “Premesso che il lavaggio delle mani costituisce sempre il punto cardine di una corretta prevenzione – prosegue l’ISS -, la pulizia regolare seguita dalla disinfezione delle superfici e degli ambienti interni rivestono un ruolo cruciale nella prevenzione e contenimento della diffusione del virus.

Da qui la necessità di sapere quando e come lavare le varie superfici, non che sapere quanto il virus sopravvive sulle diverse superfici.

FATTORE TEMPO

“Studi su coronavirus, non SARS-CoV-2, quali il virus della SARS e della MERS – spiega ancora l’Istituto -, suggeriscono che il tempo di sopravvivenza di questi patogeni sulle superfici, in condizioni sperimentali, oscilla da poche ore fino ad alcuni giorni (6,7,8) in dipendenza del materiale interessato, della concentrazione, della temperatura e dell’umidità (9).”

“Dati più recenti relativi alla persistenza del virus SARS-CoV-2 ne confermano la capacità di persistenza su plastica e acciaio inossidabile che, in condizioni sperimentali, è confrontabile a quella del virus della SARS (SARS-CoV-1), mostrando anche un analogo decadimento esponenziale nel tempo. Sulle plastiche e l’acciaio inossidabile il virus può resistere fino a 72 ore, anche se la carica infettiva sui suddetti materiali si dimezza dopo circa 6 ore e 7 ore, rispettivamente. Le superfici sulle quali si ha una minore persistenza sono il rame e il cartone, dove è stato osservato un abbattimento completo dell’infettività dopo 4 ore per il rame e 24 ore per il cartone.”

FATTORE TEMPERATURA

Un recente studio ha valutato la stabilità del virus SARS-CoV-2 a differenti temperature, dimostrando che il virus risulta altamente stabile a 4°C, ma sensibile al calore. Infatti, a 4°C si osservava una riduzione di circa 0.7 unità logaritmiche del titolo virale al 14esimo giorno. Aumentando la temperatura di incubazione a 56°C si osservava un significativo decremento dell’infettività virale entro 10 minuti e, dopo 30 minuti, il virus non era più rilevabile. Aumentando la temperatura fino ai 70°C il virus non era più rilevabile già dopo 5 minuti. Nello stesso studio è stata anche valutata la stabilità del virus SARS-CoV-2 su differenti superfici. Il titolo virale su ogni superfice è stato determinato dopo 30 minuti, 3 ore, 6 ore, 1 giorno, 2 giorni, 4 giorni e 7 giorni di incubazione, come illustrato nello schema seguente.

FATTORE TIPO DI SUPERFICIE

Il virus SARS-CoV-2 sembrerebbe pertanto essere più stabile sulle superfici lisce ed estremamente stabile in un ampio intervallo di valori di pH (pH 3-10) a temperatura ambiente (20°C).

RICAPITOLANDO

Ricapitolando: i tempi di durata del virus sulle diverse superfici è quello indicato dalla tabella sottostante.

DISINFETTANTI

Quanto invece ai disinfettanti per le superfici e luoghi, le organizzazioni coinvolte nell’emissione di linee guida (ECDC, CDC, OMS) per la prevenzione in questa fase emergenziale indicano tre punti fermi per il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV2:

 garantire sempre un adeguato tasso di ventilazione e ricambio d’aria;

 pulire accuratamente con acqua e detergenti neutri superfici, oggetti, ecc.;

 disinfettare con prodotti adatti, registrati e autorizzati.

In considerazione della potenziale capacità del virus SARS-CoV-2 di sopravvivere sulle superfici, è buona norma procedere frequentemente e accuratamente alla sanificazione (pulizia e/o disinfezione) delle superfici, operazioni che devono essere tanto più accurate e regolari per superfici ad alta frequenza di contatto (es. maniglie, superfici dei servizi igienici, superfici di lavoro, cellulare, tablet, PC, occhiali, altri oggetti di uso frequente).

Le linee guida del Centro per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie Europeo (11,14) (European Centre for Prevention and Disease; ECDC), di quello Statunitense (15,16) (Centers for Disease and Control; CDC) e dell’OMS (17) indicano che la pulizia con acqua e normali detergenti neutri associata all’utilizzo di comuni prodotti disinfettanti è sufficiente per la decontaminazione delle superfici. In generale, è stato dimostrato che disinfettanti a base di alcoli (es. etanolo, propan-2-olo, propan-1-olo) o ipoclorito di sodio, ma non solo, sono in grado di ridurre significativamente il numero di virus dotati di “involucro” come il SARSCoV-2.

Oltre alla pulizia accurata, è altresì importante rinnovare frequentemente l’aria all’interno dell’ambiente.

METODI DI SANIFICAZIONE

Organismi nazionali ed internazionali e i dati derivanti dai PMC attualmente autorizzati suggeriscono, come indicazioni generali per la disinfezione delle superfici, a seconda della matrice interessata, i principi attivi riportati in Tabella 1. Tabella 1. Principi attivi per la disinfezione delle superfici suggeriti da Organismi nazionali e internazionali e derivanti dai PMC attualmente autorizzati.

CAPITOLO SANIFICAZIONE DELL’ABBIGLIAMENTO

Abbigliamento e materiali tessili Nell’ambito dell’attuale momento emergenziale si prospetta non solo la necessità di disinfettare ambienti vuoti prima della ripresa delle attività ma anche ambienti, quali potrebbero essere i negozi di abbigliamento, con trattamenti giornalieri, o comunque cadenzati, poiché sottoposti a notevoli afflussi di pubblico e contenenti materiali con esigenze di disinfezione diverse da quelle delle superfici inerti. Le linee guida attualmente disponibili riguardano esclusivamente il trattamento di biancheria da letto, asciugamani e vestiti sporchi di pazienti con COVID-19 (11,59,60), riassunte nella circolare del Ministero della Salute n. 5443 del 22/02/2020, e il trattamento di biancheria da letto, asciugamani e vestiti sporchi all’interno degli hotel, secondo le indicazioni del WHO (61).

Per quanto specificamente oggetto del presente rapporto, considerate le criticità legate ai differenti materiali, un trattamento di sanificazione/igienizzazione sugli articoli tessili dovrà presentare caratteristiche quali:

 compatibilità: non deve causare rilevanti cambiamenti delle proprietà delle fibre, dei materiali e delle sostanze chimiche presenti sul tessuto (es. coloranti) anche in seguito a ripetuti trattamenti;

 rapidità di azione: efficacia raggiunta in breve tempo;

 penetrazione: intesa come capacità dei disinfettanti di raggiungere il materiale trattato considerando diversità di spessore dei tessuti, cuciture, risvolti e pieghe del capo confezionato;

 sicurezza per l’operatore, l’utilizzatore finale e l’ambiente,

 costo-efficacia: costi ragionevoli per attrezzatura, installazione ed utilizzo.

METODI DI DISINFEZIONE

Disinfezione con prodotti chimici

Il trattamento con disinfettanti chimici dei materiali tessili generalmente non è consigliato, se non nel caso di tessuti che possono essere lavati in lavatrice ad almeno 60 °C con prodotti detergenti e disinfettanti. Infatti alcuni prodotti, pur idonei per la loro efficacia contro SARS-CoV-2, potrebbero causare degradazione o rigonfiamento dei tessuti e danni irreversibili agli stessi riducendone in alcuni casi le capacità protettive. In ogni caso, è sempre buona norma valutare l’effetto del prodotto prescelto su una parte nascosta del tessuto che si intende trattare.

Alcoli: sia l’etanolo che il propanolo possono interagire con le fibre naturali provocando fenomeni di rigonfiamento, ma anche il loro utilizzo su fibre sintetiche, normalmente più resistenti all’alcool, potrebbe causare danni irreversibili ai capi colorati dando origine a fenomeni di scolorimento o scioglimento. Inoltre, l’impiego di prodotti a base di alcool, soprattutto se utilizzati in forma nebulizzata, rappresenta un fattore di rischio aggiuntivo legato all’infiammabilità.

Ipoclorito di sodio e acqua ossigenata: sono sconsigliati poiché potrebbero danneggiare i capi colorati causandone il rilascio di colore e la formazione di macchie.

Ozono: pur essendo capace di agire in tempi rapidi sui virus, e pur disponendo sul mercato di appositi armadi o box o altri contenitori per poter eseguire il trattamento, il suo impiego andrebbe valutato con attenzione poiché il suo potere ossidante potrebbe alterare i colori dei capi ed i tempi di esposizione risulterebbero un fattore molto critico da controllare.

Altre sostanze chimiche: sono fortemente sconsigliate quelle in grado di abbassare/ innalzare il pH per denaturare le proteine dei virus. Le fibre naturali, ma anche alcune fibre sintetiche infatti, potrebbero essere soggette a fenomeni di degradazione o rigonfiamento al di sotto di pH 3 e al di sopra di pH 10-11; inoltre, le caratteristiche di resistenza, aspetto e quelle ecotossicologiche del capo potrebbero irrimediabilmente risultare compromesse (i maggiori capitolati eco tossicologici prevedono un pH per i tessuti compreso fra 4,0 e 7,5).

Trattamenti fisici Tra i trattamenti di tipo fisico, il primo da considerare è il calore (vapore secco) per 30 minuti, utilizzato anche secondo le prescrizioni del Koch Institute per la sanificazione delle mascherine chirurgiche. Ù

Il vapore secco, in linea di massima, non rappresenta un problema poiché viene già utilizzato nelle operazioni di finissaggio dei tessuti. Il trasferimento del vapore, quale mezzo di contrasto al virus in un contesto commerciale, potrebbe essere praticabile dagli stessi addetti alle vendite con vaporizzatori portatili anche se non è standardizzabile il tempo necessario affinché il calore risulti realmente efficace per la complessità dell’articolo, ovvero la presenza di pieghe, cuciture, risvolti, ecc., che potrebbe richiedere un maggior tempo di vaporizzo. Da sottolineare che l’eventuale uso di vaporizzatori dovrebbe essere effettuato in locali separati, da ventilare abbondantemente dopo l’applicazione del vapore al fine di evitare il trasferimento di eventuali contaminanti dai tessuti trattati all’operatore mediante aerosol.

Le radiazioni UV, in particolare quelle dello spettro UV-C fra i 207-222 nm, sono risultate in grado di debellare i virus dell’influenza di tipo A (virus H1N1) (62) e si può ipotizzare che pochi minuti di applicazione sarebbero sufficienti per inattivare anche il SARS-CoV-2 su indumenti ed abiti.

Sebbene l’uso di lampade germicide sia ampiamente diffuso da decenni (63) e già utilizzato in processi di sanificazione, devono essere attentamente considerati i seguenti fattori critici per un suo potenziale utilizzo in ambito tessile :

 scarsa penetrazione; non penetra carta, vetro, indumenti e, se il virus è annidato nel tessuto, rischia di non essere raggiunto; distanza minima sorgente UV – materiale trattato;  costo energetico e delle lampade (sostituzione ogni 8.000 h);  dipendenza dalle condizioni ambientali (umidità relativa);  contenimento dell’esposizione dell’operatore considerata la mutagenicità per l’uomo (cute, occhi): in questo caso la radiazione 222 nm, quella più attiva sui virus, è la meno penetrante nella pelle e pericolosa per l’uomo ma gli occhi andrebbero comunque protetti;  degradazione dei colori, soprattutto per le tinte meno solide, poiché ogni minuto di esposizione alla luce ultravioletta della lampada corrisponde a qualche ora di esposizione alla luce solare.

Altre forme di irraggiamento che potrebbero essere prese in considerazione contro il virus in questione sono le radiazioni ionizzanti (radiazioni elettromagnetiche a corta lunghezza d’onda ed alta energia), in particolare i raggi γ (Cobalto-60), i raggi X, gli elettroni (acceleratori elettronici). Il meccanismo d’azione ed i costi elevati però, limitano il loro utilizzo ai soli processi industriali: come per i gas tossici, è difficile ipotizzare l’impiego di tale tecnologia nel settore commerciale. Se il vantaggio però consiste in un impatto pressoché nullo sulla struttura dei materiali tessili e nella possibilità di ripetere il trattamento più volte senza danneggiare i capi, lo svantaggio è che i raggi γ, per essere attivi sui virus, richiedono alte intensità di trattamento (kGy), tempi lunghi di applicazione (diverse ore) e sono più efficienti sulle spore e sulle specie batteriche in generale (es. impiego nell’industria alimentare) (64).

L’abbigliamento comprende gli indumenti personali per la popolazione generale e l’abbigliamento di lavoro.

INDUMENTI DA LAVORO

Quest’ultimo si divide in indumenti da lavoro ordinari (non-DPI), DPI e dispositivi Medici (DM).

Per l’abbigliamento, come quello utilizzato in campo medicale, gli indumenti in tessuto-non-tessuto (TNT) assorbente e politene (TNT/PE) può essere usata la sterilizzazione con ossido di etilene, mentre indumenti in TNT e polipropilene (TNT/PP) e TNT triaccoppiato (Clinical Drape) possono essere trattati in autoclave.

Anche se non oggetto di questo rapporto (prosergue l’Iss) si rammenta che per gli indumenti da lavoro, quali i DPI e i dispositivi medici (DM), il fornitore è tenuto a mettere a disposizione le informazioni o eventuali schede tecniche relative ai materiali, alle procedure e/o modalità di trattamento per la sanificazione degli stessi. La normativa di riferimento relativa agli indumenti DPI (65) e DM (66), stabilisce che ogni informazione utile concernente “pulizia, manutenzione o disinfezione” deve essere consigliata dai fabbricanti e non deve avere alcun effetto nocivo per i dispositivi o per l’utilizzatore.

CONCLUSIONI SUI MATERIALI TESSILI

II rispetto di alcune buone prassi previste per il comportamento delle persone e la sanificazione periodica dei locali limiterebbero la diffusione del virus anche nel caso in cui nei negozi di abbigliamento fosse offerta la possibilità di indossare il capo per prova.

Per i clienti,

l’utilizzo dei guanti o la disinfezione delle mani in entrata e in uscita, l’utilizzo della mascherina e il divieto di provare gli abiti che possano entrare in contatto con il viso (ad esempio i maglioni o altri capi che vengono infilati dalla testa) limiterebbero la probabilità di contaminazione degli indumenti. Per il commerciante,

non mettere a disposizione i capi provati per almeno 12 ore, mantenendoli in un ambiente con umidità inferiore a 65% e a una temperatura inferiore a 22°C, potrebbe rappresentare una ulteriore precauzione.

Qualora fosse comunque necessario un trattamento sanificante, il vapore secco sembra essere quello consigliabile. L’utilizzo di prodotti chimici è scoraggiato per motivi legati alla stabilità dei colori, alle caratteristiche delle fibre ed al potenziale impatto eco tossicologico. Le radiazioni ionizzanti sono difficilmente esportabili a livello di attività commerciale mentre le lampade UV potrebbero essere un buon compromesso per costo-efficacia e rapidità d’uso, ma non per tutti i capi d’abbigliamento (es. è sconsigliato per biancheria trattata con sbiancanti ottici e per abiti in fibre naturali dai colori accesi o intensi). Il lavaggio dei capi, sia in acqua con normali detergenti oppure a secco presso le lavanderie professionali, è certamente una buona prassi in grado di rispondere alle esigenze di sanificazione, anche se rappresenta un processo di manutenzione straordinario.

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