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ROMA 31/07/2017- Scuola paritaria. Tribunapoliticaweb.it intervista Gabriele Toccafondi sottosegretario MIUR

Luglio 31
12:41 2017

toccafondi ROMA – Il nostro media partner Tribunapoliticaweb.it intervista in esclusiva Gabriele Toccafondi sottosegretario MIUR sulla scuola paritaria.

di Dario Tiengo –  Gabriele Toccafondi, sottosegretario al Miur, 45 anni, sposato con due figli, fa parte di quella generazione di politici che hanno fatto del pragmatismo e del buon governo una bandiera. E’ sottosegretario al Miur dal governo Letta passando attraverso il governo Renzi e ora con il premier Gentiloni. Un politico un po’ atipico. Ama i numeri e racconta i fatti con precisione senza lasciarsi andare a dichiarazioni roboanti. Mantiene quello che dice a meno di cataclismi. E’ il caso del contributo alle scuole paritarie, che aveva annunciato in un’intervista esclusiva al nostro giornale nel novembre del 2016. E ora sono in arrivo i contributi, con incremento di investimenti e qualche  novità. In anticipo sull’anno scorso. A dimostrazioni che le dichiarazioni, se ben fondate, possono trovare riscontro nella realtà. E così nemmeno un anno dopo, ecco il punto in un’intervista esclusiva che Gabriele Toccafondi ha voluto rilasciarci.

Sottosegretario Toccafondi il 22 luglio il MIur ha decretato l’erogazione dei fondi per le scuole paritarie. Ancora qualche polemica però…

Una cosa che era scontata, normale, non ci siamo inventati niente.  Invece è nato un putiferio. associazioni di studenti, un sindacato (Gilda ndr.) si sono detti sbalorditi perché diamo soldi alle paritarie. C’è anche qualcuno che dice ‘troppi soldi’. Si guarda ancora alle paritarie con occhio ideologico.

Quello che aveva preannunciato è stato fatto. Un buon risultato nonostante alcune critiche?

Si  assolutamente. E ne vado assolutamente fiero, come vado assolutamente fiero di questi anni con questo governo e con questa maggioranza. Abbiamo creduto e crediamo nella scuola. Statale e non statale

Una linea supportata da investimenti consistenti. A quanto ammontano?

Ricordo che l’investimento nella scuola statale o la ‘buona scuola’ è di 3miliardi, più gli investimenti in edilizia scolastica. Cifre mai viste nella storia della Repubblica sulla scuola statale e anche  sulla scuola non statale che comunque conta un milione di iscritti, 13mila scuole, 160mila insegnati. La paritaria è la seconda gamba del sistema di istruzione nazionale. Bisogna guardare al sistema. Come si fa a non comprendere questo?  E come si fa a non comprendere che se cede una delle due gambe, e parlo della scuola non statale, cede l’intero sistema? E come si fa a dirsi sbalorditi?

Perché se cede la gamba del sistema paritario cede l’intero sistema?

Bisogna ricordare che la scuola statale conta 9 milioni di iscritti di iscritti di ogni ordine e grado. La scuola paritaria accoglie 1 milione di bambini e di ragazzi.  Lo stato in media (dati Miur e Ocse ndr.) investe ogni anno 6.500 euro per ogni bambino o ragazzo della scuola statale mentre per un bambino o ragazzo di una scuola non statale questo contributo è in media di 500 euro  È chiaro che se domani la scuola paritaria dovesse chiudere si “risparmierebbero” i 500 euro a ragazzo, però questo milione di bambini dovrebbe avere scuole, tavoli sedie, insegnanti ed essere inserito nella scuola statale

Quindi con un investimento di 6.500 euro/anno a testa?

Esattamente. E’ vero che si risparmierebbero 500 milioni, ma la spesa aggiuntiva sarebbe di 6,5 miliardi. Il saldo sarebbe una spesa aggiuntiva di 6 miliardi all’anno. Questa è matematica, questi sono i dati. Poi io discuto con chiunque, ma si parte da qui. C’è anche da sottolineare che un milione di ragazzi non possono essere inseriti negli stabili che abbiamo, non possono essere gestiti con il personale che abbiamo. Costruire nuove scuole, attrezzarle, pagare utenze, assumere nuovi insegnanti. Non bastano 500-700 milioni di euro, quindi stando su un piano economico di base non dovrebbe sbalordire se diamo i contributi. In più ricordo che i pagamenti stanno arrivando ora e sono relativi all’anno 2016-2017, che come sappiamo si è chiuso e qualche mese fa. Insomma, perché essere sbalorditi?

I fondi sono già erogati?

Sono in pagamento ora dai singoli Usr, i nostri provveditorati regionali. Nell’arco di qualche settimana questi pagamenti andranno finalmente alle scuole.

Come sono composti?

Complessivamente sono 570 milioni. Ci sono risorse in più, spiegate e ragionate. E’ il massimo che nella storia di questo paese si è raggiunto per la scuola paritaria, invece di 500 euro quest’anno diamo 570 euro in media a bambino o a ragazzo. Però è sempre un contributo, non copre assolutamente l’intera spesa e va in aiuto alle famiglie. E’ un contributo alle scuole per abbassare le rette così composto: i 500 milioni del contributo nazionale stabile non sono aumentati rispetto agli ultimi tre anni. Quello che abbiamo aumentato è il fondo per la disabilità che passa da 12 a 23 milioni.

Quanti sono i bambini o ragazzi con disabilità grave che frequentano le scuole paritarie?

Sono quasi 12mila. Mentre nella scuola statale lo Stato si fa carico dell’insegnate di sostegno nel caso delle paritarie  doveva essere solo la scuola o la famiglia a provvedere.  Le scuole non hanno la possibilità di investimento annuale così importante per un insegnante di sostegno, quindi spesso le spese erano spalmate su tutte le rette e di conseguenza crescevano. In questo momento difficile non poche famiglie, in questi ultimi anni ,hanno deciso di lasciare la scuola paritaria, soprattutto le famiglie meno abbienti.

E così addio alla libertà educativa?

Si, per necessità viene meno la libertà di scelta educativa. Così abbiamo  deciso di aiutare le scuole , le famiglie ma soprattutto  bambini e ragazzi con disabilità certificata. Sembra tanto ma rispetto a uno stipendio di un docente di sostegno  si capisce bene che bastano solo per uno o due mesi.

Il problema però rimane…

Si il problema resta, però si inverte la rotta. Finalmente lo Stato fa qualcosa su questo tema. Abbiamo raddoppiato il fondo rispetto all’anno scorso. Questa è una novità che va a sommarsi ai 500 milioni di euro euro, ed è un fondo stabile duraturo nel tempo.

Ci sono altre innovazioni?

Un’altra novità introdotta quest’anno è il fondo sperimentale di 50 milioni di euro per le scuole materne che rappresentano circa il 40% della scuola paritaria complessiva che soprattutto in alcune regioni, il Veneto ma non solo, rappresentano una percentuale decisamente alta sul totale della proposta educativa. 50 milioni di euro andranno in queste scuole solo quest’anno, la speranza è quella di stabilizzare queste risorse. Questo settore in tutta Italia è importantissimo come gamba sussidiaria, riconosciuta da tutti. Statale o non statale il tema materne vede a braccetto i due rami del sistema. Molte famiglie non ce la facevano, quindi il fondo va ad aiutare le famiglie e i territori. A proposito delle famiglie, c’è anche l’aumento delle detrazioni che stanno andando da 400 a 800 euro all’anno.

Che segnali arrivano dalle paritarie alle vostre scelte?

Assolutamente positive, tutte le associazioni riconoscono il lavoro fatto. Il nostro è un governo che ha creduto, nei fatti e non a parole, nella vera parità scolastica. Abbiamo stabilizzato i fondi, li abbiamo aumentati non in maniera indiscriminata, ma andando a investire sulla disabilità o sulla materna.  Abbiamo cercato di fare il possibile, di accelerare l’arrivo dei fondi. Rispetto all’anno scorso siamo in anticipo di due mesi. Sempre in ritardo, dico io, rispetto a un anno scolastico che si chiude, ma l’anno scorso il decreto è diventato effettivo il 26 di settembre quest’anno siamo invece al 22 di luglio. Ripeto, facciamo il possibile, ci sono miglioramenti. Quello che manca è un dibattito sereno, non ideologico, sul tema della parità scolastica che esiste in tutto il mondo.

Ma la difesa delle scuole paritarie è di sinistra o di destra?

La difesa della scuole paritarie in Europa ha strumenti che vanno molto, ma molto, oltre il contributo italiano. E devo dire che si fanno scelte di buon senso. Mi sembra non sia né di destra né di sinistra. Nel nostro paese nemmeno il monocolore Dc riuscì o volle affrontare il tema della libertà di scelta educativa

Perché, secondo lei?

In italia c’è sempre  stato un macigno culturale e ideologico. Negli ultimi vent’anni hanno governato un po’ tutti ma nessuno ha affrontato davvero il tema. Noi abbiamo dato un segnale economico – culturale preciso. Però intendiamoci non siamo alla libertà di scelta educativa, gli ostacoli, e soprattutto gli ostacoli economici, restano evidenti. La vera questione non è aumentare di un euro il fondo. Capiamoci, è fondamentale, importante, ha una sua dignità è un segnale, ma non è la libertà di scelta educativa  In tanti paesi hanno affrontato prima la libertà di scelta educiativa, decenni e decenni fa. Resta  il fatto che solo in Italia e in Grecia, nella grande Europa compresi anche i paesi dell’est (ex comunisti),siamo così indietro. Il tema della parità va ben oltre il semplice contributo.

Accanto alla questione dei contributi vi è la parte oscura di quelli che vengono chiamati ‘diplomifici’ . Si paga per un diploma. Come vi state muovendo verso le paritarie tolleranti verso queste pratiche?

Nel piano nazionale di controlli alle scuole paritarie secondarie di secondo grado ci siamo concentrati sul diploma finale. Abbiamo pubblicizzato a più non posso questo piano nazionale perché anche culturalmente doveva essere chiaro il nostro obiettivo. Abbiamo fatto, per un anno e mezzo, un’azione in tutte le regioni e alla fine abbiamo richiesto, con decreto, la revoca della parità scolastica a decine di scuole, motivando la richiesta con verbale di ispezione. In pratica declassiamo queste scuole che potranno continuare ad essere frequentate, ma da privati

Quante sono state declassate esattamente?

Le scuole declassate non potranno più dare il diploma di Stato finale con esame in sede. Finora sono  47 istituti in tutta Italia su circa 400 scuole ispezionate, più del 10%. Le scuole secondarie di secondo grado paritarie sono 1.300. Il lavoro non è finito, abbiamo iniziato da quelle che, numeri alla mano, ci preoccupavano di più. Quelle che avevano un numero di iscritti regolare durante i 5 anni e poi avevano il boom di iscrizione all’esame di Stato.

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