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VOGHERA 08/07/2016: Cameron in sciopero per il CNL. Ma testa e cuore sono alla fabbrica. I sindacati. “20 milioni di ordinativi per il 2017. Quando si viaggiava a 20Mil al mese”. Dall’A.D. parole come macigni. “Non ci sono grosse alternative. Tutto dipende dalla ripresa del mercato”

Luglio 08
15:34 2016

VOGHERA Oggi sciopero nazionale di quattro ore dei Metalmeccanici per sbloccare la trattativa con Federmeccanica sul rinnovo del Contratto nazionale di lavoro. Uno sciopero generale che per i lavoratori della Cameron (ex Grove) di Voghera ha però una fortissima valenza locale, essendo enormi le preoccupazioni per le sorti dello stabilimento di via Betto (insieme a quelle delle altre fabbriche del gruppo: la Leeden di Voghera e la sede di Colico).

Una crisi profondissima quella della Cameron, che emerge dalle parole e dalle richieste dei rappresentanti sindacali della fabbrica oltrepadna di valvole per oleodotti, ma anche da quelle del management, che, come si potrà leggere più sotto, sono improntate al pessimismo e non lasciano grandi speranze per un futuro roseo, a meno “di una ripresa del mercato” (del petrolio”, come dice l’Amministratore Delegato.

Di fronte ai cancelli della Cameron questa mattina Pietro Locatelli, segretario Fiom Cgil Lombardia, per illustrare la mobilitazione nazionale.

“Lo sciopero è per il rinnovo del Contratto nazionale scaduto il 31 dicembre dello scorso anno e che purtroppo denota una recita, per certi versi inedita, da parte di Federmeccanica, il sindacato delle aziende, che mantiene una proposta salariale assolutamente inaccettabile:

perché nella loro idea vorrebbero di fatto erogare il salario solamente ai lavoratori e alle lavoratrici che non godono già di una trattazione integrativa. Noi pertanto chiediamo a Federmeccanica di ripensare le proprie posizioni e di riaprire le trattative. Così come chiediamo anche alle aziende del territorio, in questo caso del Pavese, di far sentire la loro voce nei confronti di Federmeccanica per il tramite di Confindustria, perché pensiamo che questa proposta mantenuta al tavolo nazionale non sia condivisa nemmeno dalle aziende del territorio”.

Ma come detto sulla mobilitazione nazionale pesano i problemi locali del gruppo Cameron.

Di questo parla Nadia Zambellini, segretario generale Fim-Cisl titolare della contrattazione fra lavoratori e azienda.

“Abbiamo deciso di inserire la nostra iniziativa nella mobilitazione nazionale per segnalare un problema importante che riguarda la nostra azienda, perchè siamo molto preoccupati per il futuro. Nessuno nega la difficoltà del mercato internazionale dell’oil&gas – prosegue Zambellini -, ma qui c’è un problema maggiore: perchè la nostra azienda non riesce più ad essere competitiva sul mercato, non riesce più ad organizzare le proprie attività in modo utile e opportuno; gli ordini non si raccolgono, le attività soffrono e noi come detto  siamo molto occupati per il nostro futuro”.

“Noi siamo di fronte a un’azienda – precisa ancora Nadia Zambellini – che ha problemi ma che non ci dice cosa pensa di fare. Quel che gli chiediamo è di aprire una discussione seria che parli di riorganizzazione, di recupero di competitività e di attività. Chiediamo ciò che doveva essere fatto nell’ambito del percorso di messa in cassa integrazione ma che secondo noi non è stato fatto. Cassa integrazione che i sindacati hanno formalmente domandato di chiudere, perché è stata chiesta per 200 e più lavoratori ma siamo ad una media di 7 lavoratori in cassa. Si tratta francamente di un uso della cassa integrazione non condivisibile”.

Dalla viva voce dei rappresentanti sindacali che lavorano nella Cameron si apprende ancora meglio tutta la pesantezza della situazione.

Marco Patrese RSU Fiom.

“Tutto ha avuto inizio l’anno scorso quando c’è stata l’acquisizione da parte della Schlumberger… anche se il declino si era già affacciato nel 2014. A febbraio abbiamo cominciato la cassa integrazione ordinaria, aperta per circa 200 persone. Cassa iniziata con 60-70 lavoratori ma poi andata scemando… perché contemporaneamente c’era da fare produzione!”

“Sembra un paradosso – precisa il lavoratore – ma quel che è avvenuto è questo: crisi aziendale, ‘strumenti richiesti’ (la cassa integrazione ndr) e poi produzione come se tutto fosse normale, salvo che contemporaneamente si registrava una mancanza di acquisizione di nuovi ordini. Oggi ci ritroviamo nella condizione in cui, a Ottobre, finiremo la cassa straordinaria senza ancora nessuna risposta, nessuna prospettiva per il futuro”.

Poi da Patrese anche qualche numero, da brividi.

“Come ordinativi siamo a circa 19-20 milioni per il 2017… quando questa era un’azienda che in regime di normale amministrazione viaggiava a 20 milioni al mese. Si capisce quindi che per noi le prospettive sono nebulose. Per questo siamo qui a chiedere all’azienda un tavolo in cui cominciare a parlare del concreto, di obiettivi, di strategia, di piano industriale”.

Ai cancelli anche Renzo Secco RSU segretario provinciale Fim, che parla dei rapporti difficili con il vertice, oggi americano.

“Abbiamo provato con questo management a confrontarci sulle questioni, abbiamo fatto incontri periodici ma senza avere le risposte che ci aspettavamo. Abbiamo fatto un percorso di cassa straordinaria ma senza sfruttarlo, perché praticamente abbiamo lavorato a pieno regime. Questo ci ha spinto a domandare… ok, cosa volete fare?”

“Durante questo percorso abbiamo fatto la cassa ordinaria e quella straordinaria – sottolinea ancora Secco -. L’anno precedente abbiamo chiuso rapporti di lavoro per circa 200 persone. Pensiamo quindi di aver già pagato un prezzo molto salato (stiamo parlando di una realtà che all’inizio del 2014 contava 685 persone, mentre oggi è allineata sui 460 ndr). Per questo abbiamo deciso di fare questa manifestazione… che è solo l’inizio: semplicemente per chiedere di sederci tutti al tavolo e parlare concretamente. Purtroppo il management è tutto americano e con loro abbiamo grossissimi problemi, perché non è nella sua cultura confrontarsi”.

Mentre è in atto il presidio, dalla palazzina ‘di comando’ della Cameron esce l’auto con a bordo l’amministratore delegato.

Nessuna contestazione viene fatta nei suoi confronti.

Gli stessi sindacati ammettono che Sergio Pastorino è sempre stato disponibile al dialogo, che ha sempre curato, sin dai tempi della Grove, le sorti dell’azienda e che ora soffre con le maestranze la situazione.

Le parole dell’Amministratore delegato mostrano questa partecipazione umana ma sono parole pesantissime, quasi senza speranza… salvo, come dice, “che il mercato riprenda”.

“C’è grande preoccupazione – dice il manager – adesso vedremo soprattutto la reazione da parte degli americani, perché alla fin fine sia la parte Cameron, sia la parte Schlumberger sono quelle che evidentemente hanno il polso della situazione. E quindi è ovvio che tutti si sia preoccupati. Da questo punto di vista anche per noi manager non è un periodo facile”.

Chiediamo se vi siano le condizioni per dare una risposta alle maestranze, come chiedono, sulla programmazione aziendale e quindi sul futuro dell’azienda.

“Tutto è legato ovviamente alla ripresa del mercato – risponde Pastorino -, speriamo che con la ripresa riprendono anche gli ordinativi. Questa è un po’ l’idea generale e l’aspettativa di tutti. In questo momento il portafoglio ordini è molto ridotto e quindi c’è preoccupazione, ed è logico che i dipendenti siano molto preoccupati. Li capisco… perché in questo momento non ci sono grosse alternative”.

E gli americani, dicono qualcosa? Chiediamo

“Gli americani, spero, al di là di quello che dicono o non dicono, che in mente delle idee ce le abbiano da questo punto di vista. La sensazione che abbiamo noi è che siamo finiti in un colosso. Eravamo piccoli sotto Cameron. Siamo ancora più piccoli sotto Slamberger… e questo potrebbe rappresentare un problema di crescita per questo stabilimento.”

Quindi la speranza è solo che il mercato riprenda?

“In generale è così” conclude laconico Pastorino

 

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