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MILANO. NOSLOT. Beccalossi e Majorino “Regione e Comune insieme per combattere le dipendenze da gioco d’azzardo”

Gennaio 21
10:54 2016

MILANO – Pubblichiamo l’intervista esclusiva rilasciata a retewebitalia.net-tribunapoliticaweb.it da Beccalossi (regione) e Majorino (Comune) sulla Ludopatia.

Il comune di Milano avvia il suo portale www.milano-noslot.it e un numero telefonico di aiuto 335.1251774. Il proposito è quello di combattere la ludopatia, ossia le dipendenze dal gioco d’azzardo che portano spesso a situazioni difficili sia i direttamente coinvolti sia le famiglie. A volte si giunge perfino a situazioni drammatiche e violente che coinvolgono il territorio. L’iniziativa è frutto di una collaborazione tra Regione Lombardia e Comune di Milano che ha varato cinque nuovi progetti per sviluppare e consolidare azioni di prevenzione e contrasto alla dipendenza da gioco d’azzardo, di cui quattro finanziati tramite bando dalla Regione.

Abbiamo incontrato, per parlarne, Viviana Beccalossi (centrodestra – Fdi) Assessore al Territorio e Urbanistica della Regione e Pierfrancesco Majorino (centrosinistra – Pd) Assessore alle Politiche sociali e Cultura della Salute del Comune di Milano. Un esempio di come, da versanti politici diversi, si possano raggiungere insieme obiettivi positivi.

C’è chi l’ha definita la nuova droga. La ludopatia è ormai un’emergenza. Il numero delle persone che rivelano dipendenza dal gioco d’azzardo è molto alto. Una nuova piaga sociale che ha trovato una risposta di aiuto e prevenzione nell’iniziativa di www.milano-noslot.it. Qual è stato il punto di partenza?

Beccalossi – Innanzitutto, va detto che la Regione Lombardia ha sul suo territorio la provincia in cui si gioca di più in Italia che è Pavia, con oltre 1.500 euro di giocata pro-capite. Questa è una delle tante ragioni che hanno portato la giunta regionale Lombardia (la giunta Maroni), a dar vita a una legge che certamente non rientrava nelle competenze della Regione ma che abbiamo fatto perché non potevamo far finta di nulla. Sapere che nelle nostre province e sul nostro territorio tanti nostri concittadini si ammalano di questa “dipendenza”, che è considerata l’eroina del terzo millennio, ci ha portato ad andare oltre per dare vita a questa legge, visto che nessuno centralmente ci ha pensato. Sono ormai due anni che è in vigore. Abbiamo fatto in modo che una persona ammalata di dipendenza da gioco possa rivolgersi alle Asl ed essere curata gratuitamente e ora, attraverso il bando, abbiamo sollecitato altre iniziative sul territorio, come quella di Milano.

Majorino – L’idea su cui stiamo lavorando è molto semplice. Si tratta di aiutare e accompagnare le persone che finiscono nella spirale del gioco d’azzardo patologico per aiutarli e sostenerli affinché ne escano. Svolgendo anche un’azione di carattere preventivo. Nella città di Milano sono circa sette mila i punti slot presenti, ma ci sono anche tanti altri strumenti che possono portare a questa malattia che non può essere assolutamente sottovalutata. Abbiamo lavorato avviando un confronto con le associazioni nel mondo del terzo settore e abbiamo trovato in Regione una sponda utile, attraverso i finanziamenti. In pratica, ci siamo mossi per avviare servizi che diano quante più informazioni utili e intelligenti. Non per criminalizzare, ma per aiutare.

Regione Lombardia governata dal Centrodestra, Comune di Milano dal Centrosinistra. Da diverse sponde politiche avete affrontato insieme il problema. Un fatto inusuale…

Beccalossi – Sottolineo con soddisfazione che la politica, ormai divisa su tutto, è riuscita a lavorare insieme per combattere questo fenomeno a prescindere dal colore politico. Io penso che quando si hanno a cuore i problemi dei cittadini, specialmente dei più deboli, è giusto che la buona politica faccia sintesi. Purtroppo fanno più notizia le polemiche e le beghe di cortile, tanto più se si è in campagna elettorale. Su questa materia, già al tempo del vicesindaco De Cesaris – che ringrazio ancora una volta – e ora con Majorino si è lavorato insieme per stare vicino a chi ne aveva più bisogno. Che cosa si può fare a livello nazionale? Temo poco, e lo dico con consapevole disperazione perché, a fronte di esperienze positive come queste, noi abbiamo uno Stato – anche qui a prescindere dal colore politico – che lucra sul tema della ludopatia. Se è vero che nelle casse dello Stato entrano sotto forma di gettito fiscale circa otto miliardi all’anno di tasse e, quindi, è di tutta evidenza come vi sia molto interesse a garantire – specie in un momento di grave crisi economica – che questi soldi rimangano a disposizione dello Stato. C’è un particolare, però. Innanzitutto, i costi sociali delle persone ammalate di ludopatia sono almeno altrettanti rispetto agli introiti, poi c’è il fatto che le tasse vengono incassate dallo Stato mentre i danni anche economici gravano sulle spalle delle Regioni e dei Comuni. Per questo, la Regione Lombardia ha cercato di dare delle risposte. Il costo sociale è enorme e non solo per le persone coinvolte e le loro famiglie. Basti pensare a tutti i macro e micro crimini legati alla ludopatia. Pensiamo alle rapine presso le tabaccherie, i bar e le case da gioco, dove ci si reca per giocare.

Majorino – Noi, come Comune di Milano, abbiamo semplicemente partecipato a un bando della Regione che ha messo a disposizione delle risorse. Ci siamo arrivati forti di una rete di operatori locali che avevamo costruito in precedenza e di un percorso a cui avevamo già dato vita. Mi pare molto bello e importante il fatto che la Regione e il Comune – e quindi istituzioni differenti, che in questa fase storica tra l’altro sono amministrati da coalizioni diverse – collaborino a fronte di una necessità. In pratica, si tratta di dire a quanti finiscono nella spirale del gioco d’azzardo patologico che non sono soli e agli altri “occhio che ci si rovina e si va incontro a un’enorme fregatura”. L’intervento a cui abbiamo dato vita si sviluppa su più piani: il portale www.milano-noslot.it, strumenti a carattere informativo, quindi incontri formativi, la formazione anche dei nostri operatori, degli operatori sociali e percorsi nelle scuole. In parte facciamo tutto questo con il sostegno della Regione Lombardia e in parte da soli.

La comunicazione è al centro della vostra iniziativa oltre al supporto concreto e ai servizi. Come intendete far conoscere il vostro lavoro?

Beccalossi – Le categorie dei cittadini che sono a rischio ludopatia o già sono malati sono varie. Tengo a sottolineare che ci sono delle fasce più esposte, come i pensionati e i disoccupati. Può sembrare una contraddizione in termini, ma più una persona è disperata – perché è sola o perché è senza un posto di lavoro – più scommette quelle poche risorse che ha sperando in un futuro migliore. Un’altra categoria a rischio sono i giovani, che giocano con strumenti di difficile controllo, gli smartphone. Ci sono compagnie, non solo italiane ma anche internazionali, che stanno investendo ingenti risorse per dar vita a programmi che possano avvicinare sempre più giovani – e parlo anche di bambini – al gioco d’azzardo lecito. Magari facendo vincere loro giocattoli o monetine di plastica. In questo modo, si comincia a “educare” – per modo di dire, a diseducare in realtà – il giovane o il bambino al gioco. Per questo motivo sono convinta che tutte quelle iniziative che vedono coinvolti i ragazzi – a partire dalle medie per arrivare fino al liceo e alle università – non possano che essere meritevoli di attenzione Quando abbiamo dovuto dar vita al logo NoSlot abbiamo chiesto ai giovani studenti lombardi delle scuole medie superiori di scriverlo e immaginarlo.

Majorino – Anche in questo caso, l’intenzione è quella di essere – al di là delle parole che si possono sprecare magari anche nei convegni – raggiungibili e concretamente utili. L’idea è di offrire strumenti sul web accessibili per aprire le porte nella relazione con i servizi sociali, sanitari e per dire che ce la si può fare, insieme, ad uscirne. Dobbiamo diffondere l’informazione sfruttando al massimo i canali tradizionali, ma fare anche un tamtam nei quartieri e nei luoghi d’incontro che sono più esposti a questo rischio. Faccio un esempio concreto, ci sono i luoghi d’incontro per anziani, categoria che sappiamo essere molto debole e anche molto esposta a questi rischi. È il tamtam in città che ci permetterà di ottenere il massimo del risultato. Dovremo tenere insieme anche la capacità di parlare a mondi differenti, perché un conto è dire a un ragazzo “occhio perché a stare troppo sul web ti puoi rovinare” e un’altra cosa è dire all’anziano che nella macchinetta del bar sotto casa non troverà mai un alleato.

La legge della Regione Lombardia ha dato buoni risultati. Perché non estenderla in altre regioni o magari farla diventare una legge nazionale?

Beccalossi – Nelle altre Regioni, là dove non c’è questa legge, la ludopatia viene considerata un vizio nella migliore delle ipotesi, una fonte di reddito nella peggiore delle ipotesi. Perché? Perché è lo Stato che lucra su questo fenomeno. Noi siamo riusciti da un lato a occuparcene dal punto di vista sanitario – perché consideriamo questa una malattia e quindi le Asl si occupano degli ammalati e dei loro familiari – e, dall’altra, ci siamo dati delle regole molto più restrittive rispetto al passato, come la distanza minima che deve intercorrere dalla slot rispetto a quelli che sono definiti “luoghi sensibili” come le scuole o le chiese, gli oratori o i centri per anziani. Ma anche tutte quelle nuove realtà che i comuni possono riconoscere in forma autonoma.

Che risultati ha portato?

Beccalossi – La chiusura di diverse migliaia di slot machine, che non si potranno più attivare. E, soprattutto, siamo intervenuti in un secondo momento modificando la legge e dicendo che questo vale anche per quelle licenze che oggi sono operative e andranno a scadere. Che cosa significa? Che il Comune di Milano ha dato vita a una mappa su quello che sarà il futuro nell’applicazione della legge, per cui non si potranno più aprire nuove macchinette e nuove sale da gioco su tutto il territorio milanese. Ci siamo poi resi conto che c’era molto entusiasmo intorno a questa legge e c’era la volontà del Comune e del terzo settore di intervenire per sensibilizzare l’opinione pubblica, facendo conoscere questo nuovo fenomeno. Per questo abbiamo dato vita a un bando finanziato sempre dalla Regione con fondi autonomi (tre milioni di euro). Grazie a questo bando, siamo riusciti a finanziare 68 progetti, fra cui questo del Comune di Milano. Abbiamo chiesto a tutti i Comuni che volessero farlo di presentare progetti che avessero come obiettivo la lotta, la conoscenza e la sensibilizzazione rispetto al tema del gioco d’azzardo lecito. Fra questi, vi è il portale unico presentato da Palazzo Marino che ha l’obiettivo di dare una risposta a coloro che sono ammalati per poter avere uno strumento di conoscenza, così da sapere a chi rivolgersi quando una persona è consapevole di essere ammalata o quando il parente di una persona ammalata vuole capire quali sono le persone a cui potersi rivolgere. Per questa ragione, abbiamo finanziato questo progetto. E siamo convinti che potrebbe essere un modello da esportare nelle altre province lombarde. Abbiamo anche fatto una proposta di legge al Parlamento in cui abbiamo chiesto di poter legiferare proprio su questo settore, laddove la Regione non poteva spingersi. Tengo a sottolineare come entrambe le leggi siano state approvate all’unanimità: anche questa una cosa assai rara in qualsiasi consesso democratico di questi tempi. E’ stata presentata al Parlamento ma penso che sia finita in fondo all’ultimo dei cassetti dell’ultimo dei funzionari di Montecitorio; intendo dire che non è mai stata presa in considerazione, nonostante – ripeto – in Regione Lombardia e a Milano sia stata approvata all’unanimità. A Roma non ha trovato nessun coraggioso che abbia avuto voglia di portarla avanti.

C’è una ragione precisa?

Beccalossi – Io credo – e lo dico assumendomi tutte le responsabilità di quello che dico – che le lobby del gioco d’azzardo lecito abbano tanti amici che siedono in Parlamento, non solo nel Governo.

Majorino – Roma si deve muovere su questa vicenda così complicata per la vita delle persone. È una delle classiche situazioni in cui lo Stato è molto indietro. E non è un caso, secondo me, che dalle città partano tante sperimentazioni e tanti appelli. Sindaci e Comuni che invitano il Parlamento a essere più chiari e diretti su questo argomento. Noi non possiamo dare l’idea di tollerare la malattia di alcuni per far fare il passo a tutti.

 

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