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VOGHERA 07/12/2018: ” È bello prendersi cura di qualcosa”. Agricoltura sociale. L’esperienza dei ragazzi del Centro Diurno Disabili cittadino agli Orti sociali

Dicembre 07
11:51 2018

VOGHERA“Prendersi cura di qualcosa è bello”: i ragazzi del Centro Diurno Disabili raccontano la loro esperienza a contatto con la terra nell’ambito del progetto appartenente alla rete pavese dell’agricoltura sociale.

Sono Elisa Castelli e Moreno Baggini, i referenti,a descrivere l’iniziativa che ha raggiunto un nuovo traguardo di inclusione con la rete territoriale degli orti sociali che aderisce a quella regionale di Agricoltura Sociale Lombardia: che secondo l’ultimo report registra 1.967 persone con svantaggio che hanno trovato un’opportunità di riscatto, di queste 1.096 sono disabili e coinvolte a vario titolo nelle attività agricole.

A Voghera la testimonianza del riscatto sociale dei soggetti con disabilità è rappresentata dal progetto “Orti Sociali”, che ha attivato una stretta e virtuosa collaborazione con il Centro Diurno Disabili di Voghera.

Da questa sinergia è nato l’intento di coinvolgere 5 giovani con disabilità intellettiva e motoria in un’attività di orto sociale. Un’esperienza partita a metà ottobre 2018 e che ha maturato importanti risultati come conferma Elisa Castelli, una delle referenti del progetto oltre che educatrice del centro gestito dalla cooperativa onlus Marta.

“Abbiamo ideato questa iniziativa formativa con un obiettivo ben chiaro: volevamo portare i ragazzi fuori dalle mura protettive e abitudinarie del centro per metterli a contatto con qualcosa di nuovo. Desideravamo trasmettere loro la percezione di non essere più solo dei fruitori di aiuto ma di poter diventare loro stessi dei portatori di una vera e propria “cura” nei confronti di qualcosa che ha bisogno di essere seguito con motivazione, attenzione e pazienza. Nell’orto imparano che bisogna seminare bene ora per raccogliere frutti più avanti”.

“Un’altra bella esperienza agli Orti Sociali di Voghera – evidenzia Moreno Baggini, responsabile del progetto omonimo e coordinatore del territorio pavese per la rete ASL – Si tratta di un modello di intervento innovativo studiato dal CDD di Voghera che recupera l’elemento storicamente inclusivo che è innato in agricoltura e che spesso garantisce ottimi risultati dal punto di vista terapeutico e del reinserimento sociale. Grazie alle educatrici del CDD e all’orto-terapista Emanuele Carcò i ragazzi coinvolti stanno avendo opportunità per fare le loro prime esperienze di lavoro e sana vita di gruppo ma anche e soprattutto esperienze di vita e crescita personale”.

I giovani coinvolti – di età compresa tra i 30 e i 35 anni, di cui quattro ragazzi e una ragazza – in passato hanno già maturato esperienze di cura delle piante nell’ambito del servizio del centro.

Ora si tratta di una vera e propria esperienza formativa che una volta a settimana, per circa due ore, permette loro di imparare i rudimenti del mestiere grazie alla guida dell’orto-terapista della fattoria Baggini.

Vengono utilizzati diversi attrezzi, tranne gli strumenti a motore, ed eseguite operazioni che richiedono concentrazione. Un’esperienza che ha destato gratificazione ed entusiasmo negli stessi ragazzi, come testimoniano le loro parole.

“All’orto mi diverto con Riccardo che mi insegna cosa fare” racconta ad esempio Alessandro che partecipa all’attività. “Andare a lavorare con i miei compagni è bello” commenta Luca. “Mi piace molto fare l’orto e raccogliere le verdure, oggi ho portato a casa i finocchi” sottolinea Alberto. “È bello prendersi cura di qualcosa… poi lo mangi e sei contenta!” riflette Chiara.

Il percorso attivato nell’ambito del progetto “Orti Sociali di Voghera” ha permesso di scardinare diversi luoghi comuni sulla disabilità, in particolare intellettiva, dando dimostrazione che l’inclusione rivela abilità nascoste.

“I benefici sono riscontrabili a vari livelli – sottolinea Elisa Castelli – Dal punto di vista relazionale ci si confronta con gli altri e si impara a lavorare insieme rispettando i ritmi della natura. Il lavoro permette anche di acquisire autonomia e maggior responsabilizzazione in un contesto con ritmi tranquilli e adatti a questo tipo di disabilità. Inoltre la metodologia iniziale, strutturata ad imitazione delle tecniche proposte dall’orto-terapista, favorisce l’acquisizione di competenze e stimola la memoria potenziando l’aspetto cognitivo e riducendo nettamente le stereotipie che spesso assorbono i nostri utenti. Il contatto con la natura, i suoi cambiamenti e ritmi, migliora la percezione di se stessi”.

L’attività nell’orto sociale è riuscita anche a mettere KO uno stereotipo difficile da scardinare e riguardante la disabilità mentale, come evidenzia Elisa Castelli:

“La nostra esperienza di agricoltura sociale ci ha dimostrato che queste persone non sono bambini ma adulti con possibilità di confrontarsi con nuove realtà e persone. Siamo stati molto fortunati a trovare un ambiente piacevole e accogliente che li rende sereni e appagati. Il lavoro agricolo è davvero terapeutico: svela abilità”.

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